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Il “Pertus” di Colombano Romean

Il Pertus di Colombano Romean

Testi, fotografie e rilievi a cura di: Federazione Nazionale Cavità Artificiali

COME RAGGIUNGERE IL “PERTUS”

Il Pertus si trova in prossimità della cima dei Quattro Denti di Chiomonte. E’ raggiungibile dalla Frazione Ramats, percorrendo la strada sterrata fino alle grange Rigaud (quota 1450 m.s.l.m.) e da lì seguendo il sentiero per la cima dei Quattro Denti.

E’ inoltre raggiungibile da Exilles attraverso la Frazione Cels, percorrendo la strada sterrata fino alle Grange Ambournet e quindi a piedi lungo il sentiero per la cima dei quattro Denti.

Tempo di percorrenza: h. 2,30/3 circa a piedi dalla frazione Ramats o Cels

La visita del Pertus è consigliata nel periodo autunnale, quando la portata d’acqua è limitata.

Per la visita occorre munirsi di una torcia (meglio una frontale) ed indossare un abbigliamento che non soffra né il fango, né lo strascinamento sulle rocce.

Per visite guidate si può contattare il CAI – Sez. di Chiomonte – Tel. 3381248917

DATI TECNICI DEL “PERTUS”

Quota: 2019 m. s.l.m. (imbocco lato Chiomonte)

Lunghezza: 433,20 m.

Dislivello: 12,50 m.

Larghezza: 0,80 m.

Altezza: 2 m.

Periodo realizzazione: 1526-1533

Roccia: calcare dolomitico di grana medio-grosso-lana, privo di stratificazioni ma con struttura vacuolare (dolomia cariata)

L’acqua che sgorga dal pertus è prelevata dal rio Tiraculo, che dai piedi del Monte Niblé scende verso il fondo della Val Clarea, quindi convogliata a quota 2200 m. s.l.m. attraverso un canale lungo circa 1100 m. fino all’imbocco del Tunnel lato Tullie, da qui attraverso il Pertus giunge sul versante dei quattro Denti ed è divisa in parti uguali tra le frazioni Cels e Ramats.

IL TROU DE TOUILLES IN VAL DI SUSA: UN’OPERA IDRAULICA ALPINA

di Roberto Basilico, Sara Bianchi (Federazione Nazionale Cavità Artificiali)

INTRODUZIONE: IL MONDO SOTTERRANEO SCAVATO DALL’UOMO

L’uomo è naturalmente portato ad osservare ed indagare le opere del passato, da questo ne trae spunto di conoscenza e di studio, in funzione di una loro tutela o di un riutilizzo. L’Italia è uno scrigno di opere antiche ed esiste un mondo ipogeo, frutto di attività economiche e sociali e di cultura, che generazioni di cavatori e di muratori hanno lasciato a testimonianza di una vita quotidiana. Si tratta delle cavità artificiali, ovvero delle opere che l’uomo ha realizzato sia nel sottosuolo, sia scavando i fianchi di rilievi collinari e montuosi.

L’interesse che le cavità artificiali rivestono è presto spiegato: se le costruzioni in alzato sono soggette a rifacimenti, ampliamenti, distruzioni e drastiche riedificazioni, si può considerare, invece, come le opere ipogee si siano meglio conservate, appunto per la caratteristica di essere sotterranee. L’archeologia se ne è marginalmente occupata, studiando prevalentemente le opere d’inumazione e di culto, nonché agli insediamenti nelle grotte.

Nel XX sec., in ambito speleologico, si sono condotti vari studi sulle cavità artificiali, intervenendo soprattutto in antiche coltivazioni minerarie e nelle opere idrauliche come acquedotti sotterranei, pozzi e cisterne. L’applicazione della metodologia speleologica e speleosubacquea, con l’utilizzo delle moderne tecniche di discesa e di risalita su corda singola, i nuovi modelli di autorespiratori, l’allenamento fisico e mentale, nonché la comprensione dei rischi e l’adeguata applicazione delle norme di sicurezza, hanno indiscutibilmente aperto nuovi orizzonti. Questo ha comportato la conoscenza e lo studio di una considerevole quantità di opere ipogee sconosciute o tranquillamente ignorate.

Nel 2005 la Federazione Nazionale Cavità Artificiali ha dato vita un nuovo tipo d’indagine comparata, che promette di diventare un nuovo metodo di studio delle cavità artificiali: l’Archeologia del Sottosuolo (http://www.archeologiadelsottosuolo.com/it/). È il risultato di un’attività in cui confluiscono molteplici aspetti di varie discipline, una “multidiscilpina” costituita dall’idoneità a permanere nel sottosuolo all’interno di un manufatto e dalla capacità di raccogliervi i dati necessari alla sua analisi. Il successivo lavoro è l’elaborazione dei dati raccolti. A questo punto altri aspetti della ricerca quali l’architettura, la geologia, la geomorfologia, l’archeologia, la topografia, etc., concorrono alla comprensione di quanto indagato.

Lo studio delle cavità artificiali ha condotto a evidenziare un certo numero di tipologie e di sottotipologie. A loro volta talune sottotipologie possono presentare degli ipogei caratteristici. La prosecuzione dei lavori e lo sviluppo della disciplina porterà auspicabilmente ad ampliare e a integrare questo elenco.

  1. OPERE DI ESTRAZIONEcava, miniera.
  2. OPERE IDRAULICHE
    1. PRESA E TRASPORTO DELLE ACQUEacquedotto, canale artificiale sotterraneo, canale artificiale voltato, condotto di drenaggio, corso d’acqua naturale voltato, emissario sotterraneo, galleria filtrante, pozzo di collegamento.
    2. PERFORAZIONI AD ASSE VERTICALE DI PRESApozzo artesiano, pozzo graduato, pozzo ordinario, pozzo ordinario a raggiera.
    3. CONSERVAcisterna, ghiacciaia, neviera.
    4. SMALTIMENTOfossa settica, fognatura, pozzo chiarificatore (o biologico), pozzo di drenaggio, pozzo nero, pozzo perdente.
  3. OPERE DI CULTOcripta, eremo rupestre, eremo sotterraneo, favissa, luogo di culto rupestre, luogo di culto sotterraneo, mitreo, pozzo sacro.
  4. OPERE DI USO FUNERARIOcatacomba, cimitero, colombario, domus de janas, foiba, morgue, necropoli, ossario, tomba.
  5. OPERE DI USO CIVILEabitazione rupestre, abitazione sotterranea, apiario rupestre, butto, cantina, carcere, camera dello scirocco, colombaia, cripta, criptoportico, frantoio ipogeo, fungaia, galleria ferroviaria, galleria pedonale, galleria stradale, granaio a fossa, grotta artificiale, insediamento rupestre, insediamento sotterraneo, magazzino, ninfeo, palmento ipogeo, polveriera, sotterraneo, strada in trincea.
  6. OPERE DI USO MILITAREbastione, batteria, castello, capponiera, casamatta, cofano, contromina, cunicolo di demolizione, cupola, forte, galleria, galleria di controscarpa, galleria di demolizione, galleria stradale, grotta di guerra, grotta fortificata, mina, opera in caverna, polveriera, pusterla, ridotta, ridotto, rifugio, riservetta, rivellino, sotterraneo, tamburo difensivo, traditore, trincea.
  7. OPERE NON IDENTIFICATEopere o strutture di cui s’ignora l’esatta funzione.

INQUADRAMENTO

Il “Trou de Touilles” si trova nell’Alta Val di Susa (TO), nel territorio del comune di Exilles a circa 70 km da Torino, sul versante orografico sinistro della Dora Riparia, nei pressi della Cima Quattro Denti. Fu scavato nel XVI secolo dal minatore Colombano Romeàn su richiesta degli abitanti di Cels, frazione di Exilles, e di quelli delle Ramats, frazione di Chiomonte, per portare le acque del rio Touilles sul versante exillese e chiomontino. Ancora oggi l’opera idraulica viene indicata sulla cartografia con il toponimo di “Traforo Romean”.

TRAFORI E CONDOTTE D’ACQUA

Esistono degli elementi che possono avere influito sull’idea di compiere un’opera così impegnativa.

Il primo di questi è il canale di Maria Bona. Viene realizzato a Giaglione negli anni compresi tra il 1458 e il 1460 ed ha uno sviluppo superiore ai due chilometri. Raccoglie tuttora le acque del torrente Clarèa e le trasporta nel territorio del comune mediante un’opera realizzata anche nel fianco roccioso della montagna.

Altro esempio eclatante è il Buco di Viso e si tratta del primo traforo alpino; è realizzato a 2282 m di quota. Detto anche “Galleria del Sale”, il suo scavo comincia nell’estate del 1479, per concludersi diciotto mesi dopo. L’opera, intesa a migliorare il commercio del sale con la Provenza, mette in comunicazione il comune di Ristolas nel Queyras con il comune di Crissolo in Val Po, mediante la perforazione del Colle delle Traversette. I rapporti commerciali tra il Queyras e l’Alta valle della Doria Riparia riconducibili al commercio dei formaggi, fanno supporre una conoscenza di quest’opera.

Nei documenti in cui viene menzionata l’opera, emerge la presenza di un condotto esterno realizzato precedentemente al Trou de Touilles, la cui tipologia è riconducibile ai waale, alle bisse e ai suonen dell’arco alpino. Si tratta di opere idrauliche destinate al trasporto e alla distribuzione dell’acqua, generalmente a fini irrigui. Possono essere realizzate in trincea, tagliate nella roccia, su sostruzioni, con condutture e canalette generalmente in legno, che talvolta correvano letteralmente appese a pareti strapiombanti mediante ganci lignei o pilastrini in muratura. La tradizione idraulica alpina è antica: recenti scavi archeologici condotti in Ötzal (Austria), superiormente ai 2000 m s.l.m., hanno restituito tracce di sistemi idraulici risalenti a circa 4000 anni fa.

INQUADRAMENTO STORICO

Colombano Romeàn, figlio di Giovanni Romeàn, nasce alle Ramats, frazione di Chiomonte, nella seconda metà del Quattrocento. Dopo aver lavorato nelle miniere della Provenza, nella zona di Saint Gilles e attuale dipartimento del Gard, e aver appreso le tecniche minerarie di scavo e di avanzamento nel sottosuolo, torna al paese natìo. La carenza d’acqua ha già indotto i Chiomontini a pensare a un acquedotto per portare le acque dalla conca di Touilles all’opposto arido versante segusino, passando al di sotto dello spartiacque. Ma proprio la perforazione della cresta rocciosa frusta i loro progetti e lo scavo è abbandonato. Romean, che ha già un’età compresa tra i 50 e i 55 anni, si propone per la realizzazione, stipula il contratto e dà inizio ai lavori che si concludono con lo scavo di un traforo lungo quasi mezzo chilometro. L’opera, meglio identificabile come tratto ipogeo d’acquedotto, è tutt’oggi utilizzata e lo stato di conservazione è discreto, anche considerando che il tratto iniziale è stato rivestito negli anni Trenta, a causa di alcuni piccoli crolli. Fino alla prima metà del XX secolo il “trou” è rimasto un importante riferimento per l’approvvigionamento idrico della valle e già nell’Ottocento è posta allo sbocco una lapide commemorativa, successivamente sostituita con una grande targa in bronzo.

I DOCUMENTI

Il Trou de Touilles è scavato negli anni compresi tra il 1526 e il 1533 come si deduce dalla documentazione rinvenuta presso una famiglia delle Ramats, frazione di Chiomonte. Felice Chiapusso, avvocato e socio fondatore del C.A.I. di Susa, la trascrive e la pubblica nel 1879. Si tratta di quattro atti notarili della prima metà del Cinquecento e due atti della metà del Seicento. La documentazione scoperta da Chiapusso è più complessa in quanto alle copie notarili si accompagnano le traduzioni in lingua francese dei primi tre documenti, originariamente redatti in latino, nonché altri preziosi scritti.

Uno dei documenti, rogato dal notaio chiomontino Jehan Rostollan il 14 ottobre 1526, è il più significativo poiché vengono riportati i termini del contratto. Definito “Conventio facture aqueducti de Tulliis inter habitantes de Celsis et Ramatis cum Columbano Romeani” è l’atto ufficiale nel quale si chiede al minatore di perforare o proseguire il già incominciato traforo sopra le Ramats e Albournet. Gli si concedono due opzioni: scavare un nuovo acquedotto, oppure proseguire quello già iniziato. Colombano Romeàn promette di: “terminare il già cominciato foro il più brevemente possibile” (traduzione di Felice Chiapusso).

In cambio del lavoro svolto, gli abitanti di Cels si impegnano a fornire: “un sestario di buono e comune vino ed una emina di buona e comune segala per ciascun mese” (traduzione di Felice Chiapusso), mentre quelli delle Ramats devono fornire mensilmente un “sestario” (circa mezzo litro) di vino ed uno di segala. Qualora il minatore avesse avuto bisogno di un aiutante, le quantità stabilite sarebbero state raddoppiate; per un terzo aiutante vi avrebbe, invece, provveduto Romeàn.

Per il compenso si stabilisce che sarebbero stati pagati a Romeàn, o ai suoi eredi, “cinque fiorini di moneta corrente, ciascuno dei quali valeva dodici soldi, per ogni tesa di detto acquedotto ossia traforo pagando sempre ad opera fatta la quarta parte, vale a dire quando si sarà fatta una tesa si sborseranno quindici soldi, così che il Colombano non possa obbligare i parerii se non al pagamento della quarta parte” (traduzione di Felice Chiapusso).

INQUADRAMENTO GEOLOGICO

Il condotto attraversa rocce calcaree dolomitiche, di colore grigio giallastro in patina e grigio in frattura fresca. Hanno una grana medio-grossolana e si presentano massicce, prive di stratificazione, ma con struttura vacuolare, tanto da poter essere chiamate localmente “dolomie cariate”. Si tratta di rocce di origine chimica-organogena di ambiente marino lagunare. L’aspetto è in genere massiccio ed uniforme lungo tutto il corso dell’acquedotto; laddove prevale in modo netto la porzione carbonatica gli ammassi rocciosi danno luogo a concrezioni calcaree con la formazione di piccole stalattiti. Raramente, solo alla base del cunicolo, sono visibili metaconglomerati a grana grossolana, di colore variabile, contenenti anche miche, le quali localmente hanno un aspetto scistoso.

L’OPERA

L’ingresso del Trou è situato nel bacino imbrifero del Gran Vallone, ai piedi dell’omonima cima (2435 m), ad una quota di circa 2034 m s.l.m., misurata all’esterno dell’attuale grata di sicurezza posta sulla volta del condotto; l’uscita sul versante chiomontino è a quota di 2019 m s.l.m. Il dislivello tra l’ingresso e l’uscita, misurato sul fondo del condotto, è di 12,56 metri. Il condotto si sviluppa per 433.24 m, con due direzioni di scavo prevalenti, di 315° e 318°, ossia secondo una direzione sud-est/nord-ovest. Lo scavo è avvenuto dal versante chiomontino verso il Gran Vallone. La presa delle acque è situata sotto il ghiacciaio dell’Agnello; il canale esterno di convogliamento è lungo, dalla presa all’imbocco del Trou, circa 1100 m. Attualmente l’opera di captazione è costituita da moderni tubi corrugati plastici inseriti in tubi di cemento e collocati sul tracciato originale.

Il Trou si presenta come un cunicolo scavato direttamente nella roccia, a sezione subrettangolare con la parte superiore di dimensioni minori rispetto alla base. La larghezza dello speco si mantiene abbastanza costante, tranne ovviamente nei punti dove sono intervenuti cedimenti ed erosioni. L’altezza si presenta di dimensioni variabili, anche dovute all’abbassamento ineguale del fondo provocato dallo scorrere continuo dell’acqua, che ruscella impetuosa nelle fasi di disgelo.

Si vede chiaramente che l’abbattimento della roccia è stato reso uniforme e rifinito con particolare cura. Tutto è stato pensato attentamente e con perizia. Le tracce di scavo si leggono quasi ovunque con precisione. Sulla volta e sulle pareti sono ben visibili i solchi rappresentati prevalentemente da punteruoli a punta piramidale in fase di rifinitura. Ad una cadenza abbastanza regolare sono inoltre presenti nicchie d’appoggio per le lucerne, alcune accuratamente scavate e adornate con riquadrature. Una particolare caratteristica è la presenza diffusa di incisioni e piccole figure realizzate a risparmio, con una tecnica avvicinabile a quella del bassorilievo, rappresentanti teste umane viste di profilo e di fronte, nonché numerosi gigli di Francia. I lavori di manutenzione straordinaria sono stati portati a termine nel 1931, data incisa sul cemento all’imbocco meridionale del tratto rifatto. Essi appaiono particolarmente interessanti per la tecnica utilizzata che è assai vicina a quella riscontrabile in realizzazioni più antiche e forse imposta dalle condizioni disagevoli del luogo. Consiste sostanzialmente in un getto di calcestruzzo assai povero di calce con volta a botte armata mediante centine lignee. Nel suo complesso l’opera lascia pensare che Romeàn l’abbia condotta non solo in modo esemplare, ma con una cura che rimarca la passione profusa e l’intendimento di lasciare una propria testimonianza affinché potesse durare e dissetare la Comunità nel Tempo.

vista del bacino imbrifero del Gran Vallone con indicazione dell'ingresso dell'acquedotto

vista del bacino imbrifero del Gran Vallone con indicazione dell’ingresso dell’acquedotto

LO STUDIO DELL’OPERA

Lo studio dell’acquedotto è stato iniziato nel 2002 dagli speleologi dell’Associazione S.C.A.M. (Speleologia Cavità Artificiali Milano) ed è proseguito come progetto di lavoro (Progetto Romeàn) ad opera della Federazione Nazionale Cavità Artificiali (http://www.archeologiadelsottosuolo.com/it/), con la collaborazione di varie persone di Chiomonte e delle Ramats.

Le operazioni di rilievo del condotto sono state effettuate dopo una serie di ricognizioni in esterno, finalizzate ad affrontare gli studi secondo un filo logico. La planimetria e le +, restituite su supporto CAD, sono servite a comprendere le modalità di scavo, i tempi di avanzamento, la quantità di materiale estratto, cercando inoltre di intuire le problematiche affrontate dal minatore. Al lavoro sul campo si è affiancato lo studio dei documenti d’archivio e delle fonti, indispensabili per la ricostruzione storica e la comprensione del lavoro condotto nel sottosuolo. All’opera ipogea si è assegnato il seguente numero di catasto: CA 00047 PI TO, ed inserito nel Catasto Nazionale Cavità Artificiali della Federazione Nazionale Cavità Artificiali. I risultati del lavoro sono stati presentati al “I Congresso sulle Cavità Artificiali. Archeologia del sottosuolo: metodologie a confronto”, tenutosi a Bolsena (VT) dall’8 all’11 dicembre 2005.

L’acquedotto funziona ancora, pur con interventi manutentivi e restauri, dopo quattrocentosettant’anni. Il fatto dovrebbe essere bastante a fare comprendere l’importanza dell’opera e la necessità di tutelarla. Non solo: essa si colloca in modo assolutamente discreto nel contesto naturale. Segno che i nostri predecessori avevano a cuore le bellezze naturalistiche e paesaggistiche più di noi e meglio di noi e della profusione delle leggi che emaniamo a difesa di ciò che quotidianamente viene depauperato.

LA PUBBLICAZIONE DEL LAVORO ARCHEOLOGIA DEL SOTTOSUOLO

Nel 2005 è uscito il volume “Archeologia del sottosuolo. Lettura e studio delle cavità artificiali” (British Archaeological Reports – International Series 1416, Oxford), dando il nome alla materia prima chiamata “Speleologia in Cavità Artificiali”. Lo stesso anno si è tenuto il “I Congresso sulle Cavità Artificiali. Archeologia del sottosuolo: metodologie a confronto”, in cui l’Archeologia, la Speleologia, la Subacquea, la Speleosubacquea e la Biospeleologia si sono confrontate sul tema comune delle cavità artificiali. Si è svolto a Bolsena (Viterbo) dall’8 all’11 dicembre 2005 ed è stato organizzato dalla Federazione Nazionale Cavità Artificiali, dall’Associazione Scuola Sub Lago di Bolsena e dal Comune di Bolsena. Sono stati presentati trentaquattro lavori, numerosi filmati, proiezioni di diapositive in 3D realizzate da Guglielmo Esposito, oltre all’allestimento di mostre tematiche. Hanno partecipato i rappresentanti di ventiquattro associazioni speleologiche, speleosubacquee e subacquee, oltre ai singoli ricercatori. Sono giunti speleologi da undici regioni italiane. Nel corso dei lavori sono stati presentati i risultati degli studi effettuati presso l’acquedotto scavato da Colombano Romean, il Trou de Touilles. Lo studio completo dell’opera è stato pubblicato nel 2009 ed è acquistabile in Inghilterra presso British Archaeological Reports (International Series 1933, Oxford , www.hadrianbooks.co.uk, www.archaeopress.com).